A proposito de Il Narratore Pessimista
Al misterioso narratore pessimista piacciono le storie… quelle brutte. Delizia (si fa per dire) i lettori con racconti brevi ambientati nel mondo di qualche videogioco. Si convince di scrivere storie degne di riconoscimenti letterari grazie ad una cornice di drammaticità e tristezza a palate, ma in verità è solo capace di dare vita a storielle di bassa lega. Tutte le sue storie hanno una caratteristica comune: finiscono male.
ATTENZIONE: Attenti a Quei Gamer non si assume nessuna responsabilità per l’infima qualità delle storie de Il Narratore Pessimista, né per le conseguenze nate prima, durante e/o dopo la lettura di quest’ultime.
Il Monte Morte si alza fiero all’orizzonte. Possente, enorme, bellissimo. La sua inconfondibile sagoma può essere vista da quasi ogni angolo di Hyrule. Che vista magnifica. Come vorrei poter partire all’avventura, esplorare rovine, montagne e praterie lontane alla ricerca di qualche tesoro o segreto nascosto. Ma non posso. Non posso perché il destino ha deciso così. Perché i miei doveri me lo impediscono e poi… io, chi voglio prendere in giro? Come avventuriero non potrei che suscitare altro che ilarità. Non c’è spazio per quelli come me in una vita normale. Lontana dalla battaglia e dalla violenza. Sono un soldato e come tale dovrò morire.
Spesso mi domando se qualcuno dei miei compagni sia uguale, o almeno simile, a me. Se anche uno solo di loro desideri ciò che voglio io, ma forse per paura o magari per incapacità di accettare la propria diversità, continui a fingere di vivere la vita che qualcun altro ha scelto per lui. Che stupido. Non siamo fatti per avere sentimenti o desideri. Siamo solo macchine da guerra. Senza uno scopo, senza emozioni. Passo i giorni qui all’accampamento fingendo di essere uno di loro. Non credo possano capire. Dopotutto sembra che a loro vada bene così. Io aspiro a qualcosa di più di questa vita infame. Le notti non riesco a dormire e fantastico di fuggire in un luogo remoto di Hyrule e vivere in pace. Ma la pace non fa parte della nostra natura. E un disertore non può avere certo vita facile. Se solo riuscissi a trovare un modo per abbandonare questo luogo, questa prigione isolata… forse finirei solo per nascondermi nell’attesa che qualcuno mi trovi e mi uccida senza pietà, tacciato come un traditore, un’anomalia.
Non che ora sia molto diverso. Passo i giorni nella sofferenza, schiavo delle catene del mio padrone. In attesa che la mia ora arrivi. Prego affinché qualcuno mi liberi da questo tormento. La morte sarebbe la più bella delle liberazioni. Un lusso che a quanto pare non posso permettermi. E allora non mi resta che chiudere gli occhi e viaggiare con la mente. Ascoltare il fruscio del vento tra le fronde del bosco, il mormorio degli animali e lo scorrere incessante dei ruscelli. Solo allora mi sembra di essere libero. Questi pensieri conciliano il sonno. È ora di riposare. E sognare.
Il suono del corno mi riporta alla realtà. Non so dire quanto tempo abbia dormito, ma a giudicare dai raggi del sole direi che è appena passata l’alba. Dalla mia posizione cerco di guardare meglio quello che sta accadendo. Ciò che è certo è che qualcuno ci sta attaccando. Sporgo lo sguardo. I miei compari si precipitano di corsa a combattere. Io resto impietrito. Lo spettacolo è agghiacciante: vengono fatti a pezzi uno dopo l’altro. La spada di quel mostro squarcia le loro carni. Quell’essere sembra inarrestabile. In men che non si dica me lo ritrovo davanti. Non so che fare. Istintivamente afferro la mia mazza e tento di sferrare un colpo. Lo para con il suo scudo e di tutta risposta alza la sua spada verso di me. Le gambe mi tremano. So che è giunta la mia fine. Rimango immobile, senza opporre resistenza.
La lama fredda squarcia la mia gola. Cado a terra, qui, sull’Altopiano delle Origini. Una prigione. Mentre il mio spirito inizia ad abbandonare il mio corpo scorgo quell’essere spregevole fare razzia dei miei resti. Il mio cuore, le mie corna, le mie armi. Si porta tutto con sé, forse come trofeo. In fondo, vorrei essere come lui. Libero. Coraggioso. Un eroe. Link. Questo è il suo nome. Il nostro più acerrimo nemico. Giusto un secondo prima di chiudere gli occhi faccio in tempo a scorgere la fiera ombra del Monte Morte in lontananza. Forse potrei volare fino a lì con il mio spirito. Forse potrò finalmente essere libero. O forse no.
La notte della luna rossa è tornata. Il mio corpo si ricompone. Ritorno nuovamente alla vita, ancora una volta confinato in questo incubo senza via di uscita. L’inutile vita di un servo di Ganon, il cui unico destino è morire dinnanzi all’eroe. Allora vai dannato Link, vai e sconfiggi il mio Signore Ganon. Vai! E liberami una volta per tutte da questa maledizione.
Diario di un boblin speciale
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