PlayStation VR2: vi racconto la mia esperienza con la realtà virtuale di Sony

La realtà virtuale mi ha sempre affascinato, ma fino a oggi non ero mai riuscito a mettere mano su uno dei visori disponibili. L’unica eccezione fu una breve prova dell’Oculus che feci durante un Games Week. In quel caso provai una semplice demo in cui ci si spostava in una ambientazione e una in cui si faceva un giro sulle montagne russe. Per quanto si trattasse di un prototipo ancora acerbo, le sensazioni furono positive. Quando uscì il primo PlayStation VR, l’idea era che un giorno lo avrei acquistato. Alla fine, però, il tempo è inesorabilmente trascorso ed è uscito PlayStation VR2. Tuttavia, questa volta ho deciso di non commettere lo stesso errore e per il mio compleanno, a febbraio 2024, mi sono comprato l’ultimo visore per la realtà virtuale di Sony. Vi racconto come è andata.

Esteticamente gradevole. Però il filo si dimostra a volte un po’ fastidioso

Il mio primo gioco VR: Horizon: Call of the Mountain

PlayStation VR2 è il mio primo visore per la realtà virtuale. Si tratta, quindi, di un’esperienza del tutto nuova per me. Non ho metri di paragone con altri visori. Al momento, tutto si riduce alla mia prova con Horizon: Call of the Mountain (ho acquistato il bundle), con la modalità VR di Resident Evil 4 Remake e Resident Evil: Village, con i due Red Matter e con MADiSON VR, oltre a qualche demo. Horizon non è una serie che mi piace particolarmente, difatti dopo la tiepida esperienza con il capitolo originale non ho nemmeno giocato il sequel. Ciò nonostante, questo spin-off in realtà virtuale sembrava imprescindibile per i possessori di PlayStation VR2.

Il primo impatto è stato strano. Ritrovarsi su una barchetta con due personaggi che pareva proprio di poter toccare con mano, che sembrano davvero lì con te, fa una certa impressione. Mentre intorno si muovono le pericolose macchine del gioco, la sensazione che mi è arrivata è quella di essere su una giostra. Quasi come se fossi a Gardaland nell’attrazione dei corsari. Questo è il feeling che mi è arrivato durante i primi momenti di gioco in realtà virtuale. Qualcosa, però, mi ha infastidito sin da subito: la qualità grafica. Sarà che non sono avvezzo ai visori, sarà che mi aspettavo una grafica più definita e sarà anche che non ho posizionato al meglio il dispositivo (l’ho capito qualche giorno più tardi), ma l’immagine mi è parsa subito non molto a fuoco, poco nitida.

Nella realtà, la grafica non è, ovviamente, così definita

Dalle opinioni lette in giro mi aspettavo davvero, davvero di più su questo fronte. Horizon: Call of the Mountain rimane un gioco gradevole. Nulla di che, ma nel complesso è passabile. E tra combattimenti con l’arco e scalate, ci si stanca sul serio! Insomma: un gioco carino, sufficiente, ideale per iniziare a muovere i primi passi nella realtà virtuale, ma alla fine della fiera poco entusiasmante.

Tempo di gioco, effetti collaterali, ergonomia

Ho fatto sessioni di un’ora, un’ora e mezza, giocando quattro o cinque ore al giorno. Nella maggior parte dei casi, non ho avvertito malesseri o effetti collaterali. In un paio di occasioni, tuttavia, sono stato male. In entrambi i casi in Horizon: Call of the Mountain. Vertigini, sudori, roba così. Con altri giochi, invece, ho talvolta avvertito un po’ di nausea.

Nell’insieme il visore è abbastanza comodo e non pesa tenerlo, anche se si fanno lunghe sessioni. Bisogna imparare a metterselo nel modo migliore e a stringerlo bene (può lasciare segni sulla fronte e, alle volte, può dare fastidio, se troppo stretto). Funziona anche con gli occhiali, ma tende a sporcarli, probabilmente per il contatto con le lenti. Un’altra cosa che mi sento di segnalare è che c’è qualche materiale che puzza. Rilascia uno sgradevole odore che rimane nel naso e infastidisce.

Resident Evil 4 e Resident Evil Village

La mia prova è continuata con Resident Evil 4 Remake. Il titolo in realtà virtuale si è dimostrato coinvolgente, ma forse a causa delle numerose volte che l’ho completato, mi ha un po’ annoiato e sono proceduto nella campagna con una certa velocità. La gestione delle armi è sicuramente più immersiva, ma anche più problematica. Non sempre i movimenti sono letti in modo preciso e caricare una pistola o un fucile richiede diversi secondi, che possono fare la differenza tra un colpo subito oppure no (tutto a favore del realismo). Nel complesso, comunque, l’esperienza è gradevole. La grafica non è malvagia, ma è molto lontana dall’impatto che si ha con uno schermo “esterno”. Molto buona, però, la resa visiva dei filmati.

Resident Evil Village si è dimostrato più appassionante. Questo perché era da molto più tempo che non lo rigiocavo e, pur ricordandomelo a grandi linee, si è rivelato più fresco del remake. La grafica mi è sembrata più pulita e nitida, forse ho iniziato a “farci l’occhio”. Il fatto che l’esperienza sia nata per la prima persona, inoltre, lo rende decisamente più adatto alla VR. Non male!

Sarò strano io, ma forse di Resident Evil 4 ho preferito la versione flat

Red Matter e Red Matter 2

Due titoli molto brevi, ma interessanti. Tecnicamente mi hanno stupito: l’immagine è nitida. Le esperienze sono gradevoli, ma nulla più. Anche in questo caso, la VR non mi ha sorpreso granché. Tra l’altro, credo che Red Matter 2 sia l’unico caso in cui ho platinato un gioco alla prima run. Praticamente basta arrivare ai titoli di coda…

Insomma: la realtà virtuale può rendere i giochi più coinvolgenti, ma non mi ha dato quel senso di immersione che avrei voluto. Certe cose sono fighe, tuttavia non mi è sembrato un balzo così importante rispetto alla giocabilità classica. I sistemi di controllo basati sul movimento non sempre funzionano a dovere e, da un certo punto di vista, mi hanno riportato un po’ ai tempi del Nintendo Wii: certo, sono indubbiamente un’evoluzione, un balzo in avanti, non fraintendetemi. Ma mi aspettavo qualcosa di più. Anche la presenza di pochi titoli interessanti per la VR la rendono un mondo di nicchia, forse non ancora pronto per fare il grande passo. Mancano le grosse produzioni: titoli grandi e in grado di attirare il pubblico.

Una cosa che a me ha pesato tanto è la limitazione dei movimenti delle gambe, ancora relegata alla levetta analogica (in Horizon ti fanno oscillare le mani per simulare una corsa, ma siamo distanti dalle pedane che permettono un reale movimento). Mi rendo conto che, al momento, ciò sarebbe chiedere troppo. Io stesso, inoltre, non avrei lo spazio per muovermi fisicamente: la stanza in cui gioco è quella che è (ci vorrebbe una pedana apposita!). Però usare l’analogico per muoversi spezza davvero tanto l’illusione. Peccato, perché così sembra di sfruttare la tecnologia solo a metà. Poi, molti titoli VR sono spesso poco rifiniti e presentano alcune imprecisioni nel sistema di controllo, rendendo sgradevoli alcuni momenti.

Soprattutto Red Matter 2 è, complessivamente, un buon titolo: più vario e lungo del predecessore e con degli enigmi abbastanza soddisfacenti

MADiSON VR

C’è un gioco, però, che mi ha fatto un po’ ricredere. Si tratta di MADiSON VR, quello che viene considerato il gioco più spaventoso di sempre. Ormai conscio dei limiti del visore, ho assaporato questa esperienza con occhi diversi. Pur non avendo mai giocato la versione flat, ho la netta sensazione che in VR si raggiungano picchi di coinvolgimento e terrore prima difficilmente riscontrabili. Gli horror sono uno dei generi che beneficiano di più della realtà virtuale. Il gioco ha alcuni problemi, ma nel complesso l’ho apprezzato e mi ha dato come l’impressione che fosse il primo caso in cui la VR abbia dato quella marcia in più di cui sentivo il bisogno. In questo articolo vi dico la mia sul gioco.

In definitiva, la VR è indubbiamente una tecnologia interessante. Va perfezionata, ma può dare alcune soddisfazioni. MADiSON VR mi ha convinto sotto questo aspetto e sono molto curioso di provare alcune delle prossime uscite: METRO Awakening, Alien: Rogue Incursion e, quello che mi ispira di più, Behemoth. Potrebbero dimostrarsi tutti e tre dei videogiochi decisamente interessanti.

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