A proposito de Il Narratore Pessimista
Al misterioso narratore pessimista piacciono le storie… quelle brutte. Delizia (si fa per dire) i lettori con racconti brevi ambientati nel mondo di qualche videogioco. Si convince di scrivere storie degne di riconoscimenti letterari grazie ad una cornice di drammaticità e tristezza a palate, ma in verità è solo capace di dare vita a storielle di bassa lega. Tutte le sue storie hanno una caratteristica comune: finiscono male.
ATTENZIONE: Attenti a Quei Gamer non si assume nessuna responsabilità per l’infima qualità delle storie de Il Narratore Pessimista, né per le conseguenze nate prima, durante e/o dopo la lettura di quest’ultime.
Questo silenzio mi mette a disagio. Solo il canto di qualche uccellino tra gli alberi, il vento che sposta le foglie, i nostri passi sulla terra. La quiete prima della tempesta. Già. E la quiete non dura mai a lungo.
“Imboscata!”
Il silenzio viene squarciato dall’urlo del nostro compagno. Delle mine esplodono davanti a noi. E così ha inizio.
“Bersagli! A sinistra, a sinistra!”
Le orecchie mi fischiano terribilmente. Gli occhi non riescono a mettere a fuoco ma non ho scelta: devo combattere. Devo sparare. Devo uccidere. Guardo attraverso il mirino del mio fucile e premo il grilletto ogniqualvolta un movimento nell’erba alta o dietro un albero attiri la mia attenzione. È il caos. I sibili delle pallottole si aggiungono al fracasso delle granate e alle urla dei soldati.
Una coltre di fumo si alza nella boscaglia. È il momento di muoversi. Insieme ai miei commilitoni inizio a correre, sperando di non essere colpito. In queste situazioni conta solo una cosa: la fortuna. Il caso. Il destino. Chiamatelo come volete.
Due camion mi passano a fianco. Non c’è un attimo di tregua. Raggiungono una casa. Il rifugio. Il nostro obiettivo. Parte uno scontro piuttosto violento che si conclude con la morte dei nostri avversari. Dannati figli di puttana. Siamo stati addestrati per questo.
Facciamo irruzione nel nascondiglio. Ripuliamo ogni stanza. Ciò che resta alla fine è solo un cumulo di cadaveri, sangue sui muri e odore di morte. Ma lui non c’è. Non è qui. Makarov non c’è. Non ci resta che raccogliere tutti i dati in attesa dell’estrazione. Ma il nemico non ci lascerà fare i nostri comodi in tranquillità. Stanno arrivando. Dobbiamo essere pronti. Piazzo delle claymore in punti strategici. Li accoglieremo con un bel botto.
BOOM!
L’esplosione è come un fischio di inizio. Il secondo tempo della partita è cominciato. Ogni proiettile potrebbe essere l’ultimo. Ogni passo potrebbe essere l’ultimo. Ogni secondo potrebbe essere l’ultimo. Ogni respiro potrebbe essere l’ultimo. Ma chi ha tempo di respirare? In questa baraonda forse siamo tutti già morti. Non ci sono vittime o carnefici.
I minuti sembrano ore. I nemici paiono non finire mai. Crivello di colpi un bastardo davanti a me, continuando a sparare al muro a fianco. I proiettili trapassano la parete facendo cadere a terra un secondo uomo. Mi rendo conto di dover ricaricare. Cero di spostarmi in copertura durante l’operazione ma un terzo coglione inizia a spararmi interrompendo la mia azione. Sono spacciato. Non c’è tempo di guardarsi intorno per valutare la situazione. Mi sposto alla cieca sperando di non trovarmi faccia a faccia con il nemico. Un proiettile mi sfiora la gamba. Non sento dolore, eppure il mio corpo cede. Cado. Sono morto. Lo penso. Lo penso in continuazione.
Invece il nemico cade a terra. E io resto vivo. Un mio compagno lo ha ucciso salvandomi il culo. È così che va. Non c’è spazio per i ringraziamenti. Il nemico non aspetta. La battaglia continua. Equipaggio il mio fucile da cecchino e inizio a sfoltire le fila di quei bastardi. Perdo il conto di quanta gente ho ammazzato.
Il trasferimento dei dati è completo. È ora di filarcela da qui. Prendo il modulo e mi dirigo insieme al mio compagno all’area d’atterraggio. Intorno a noi una festa di piombo. Assordante e asfissiante come una discoteca gremita di gente. Che bella festa!
Corro senza voltarmi. Ormai non riesco quasi più a percepire nemmeno i suoni intorno a me. Solo un ronzio perenne. Una sensazione quasi catartica. Il ronzio si fa ancora più intenso. I rumori completamente ovattati. Che sta succedendo? Sono fermo. Perché non sto correndo? Non vedo più niente. Ma che? Riapro a fatica gli occhi. Tutto intorno a me è offuscato, indefinito, confuso.
“Ti copro io, Roach! Resisti! Thunder 2-1, ho usato un fumogeno rosso tra la vegetazione! Pronti al mio segnale!”
Ghost. Maledetto pazzo psicopatico. Mi sta trascinando verso l’area di atterraggio. Solo ora mi rendo conto di essere stato ferito. Ma non posso cedere. No. Ho ancora il mio fucile con me. Non lascerò a Ghost tutta la gloria. Sono ferito, sì, ma non morto. Sparo all’impazzata uccidendo i nemici dietro di noi. Siamo pari Ghost!
“Alzati, alzati, ci siamo quasi”
L’elicottero è qui. Siamo salvi. Grazie al cielo. Ce l’abbiamo fatta. La tensione si affievolisce. L’adrenalina inizia a spegnersi. Sono esausto. Ghost mi aiuta a camminare verso la salvezza. Ci siamo quasi.
“Avete recuperato il modulo dati?” ci accoglie Sheperd.
“Sissignore” ribatte Ghost.
“Bene, un problema in meno da risolvere”
Sheperd estrae una pistola e mi ficca un proiettile al ventre. Cosa cazzo sta succedendo? Quando me ne rendo conto Ghost è già a terra. Sheperd mi sfila il modulo dati di dosso, poi fa cenno a due uomini di finire il lavoro. Ci gettano come animali morti. Ghost… perché? Il mio compagno. Il mio amico.
È così ha fine. La mia vita. Quella di Ghost. Siamo sopravvissuti solo per morire in questo modo. Uccisi da chi ci fidavamo. Uccisi da chi ci ha tradito. Non è giusto. Delle taniche di benzina vengono riversate sui nostri corpi. Sheperd si avvicina per l’ultimo saluto. Il sigaro in bocca. Si allontana tra le fiamme. Tra le fiamme.
Non dimenticateci.
Avete riconosciuto il gioco? Si tratta di una missione di Call of Duty: Modern Warfare 2, in cui è presente una delle scene più celebri della serie, in cui Roach e Ghost perdono la vita a causa di Sheperd. Il Narratore Pessimista ha voluto omaggiare così questi due grandi soldati. No, non vi dimenticheremo.
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