Nota: l’articolo è stato gentilmente tradotto dalla segreteria spaziale di Attenti a Quei Gamer e potrebbe non essere al 100% fedele alla relazione dell’autore. Concetti estremamente complessi sono stati semplificati e tradotti da menti… umane. Potrebbero essere presenti errori.
C’è qualcosa di strano in No Man’s Sky. Qualcosa di molto strano. Una sensazione. Persino io, essere alieno notevolmente superiore a ogni essere umano, ne vengo in parte colpito. Non è facile da spiegare. È una sorta di vuoto cosmico, un dubbio. Per dirla in termini umani: un’incertezza.
Il vuoto di No Man’s Sky
No Man’s Sky è o sembra esattamente questo: vuoto e incertezza. Prepongo che non ho messo le mie “mani” sul gioco, non l’ho provato, non l’ho giocato, non ancora, ma i miei recettori ricevono impulsi, mi trasmettono percezioni. No Man’s Sky mi lascia questo, mi fa viaggiare con la mente nelle profondità dello spazio, nell’universo della mia testa. Nel vuoto cosmico e nel dubbio dell’esistenza, qualsiasi sia la sua forma (aliena o umana, ndss). L’incertezza della vita. L’immensità del cosmo. Mutevole. Impalpabile. No Man’s Sky vuole letteralmente gettare il giocatore in un universo sconfinato, il cui ordine di grandezza non può essere colto dalle comuni e ristrette menti terrestri. Viaggio. Scoperta. Esplorazione.
Il concetto è affascinante, sì, lo è anche per un essere oltre Terra come me. Lo è perché la via di No Man’s Sky è un inno all’individualità. L’individualità è alla base della Vita (dissi qualcosa a riguardo dell’individualità nell’articolo su Dead Space). No Man’s Sky è un’esperienza personale, da vivere abbandonandosi e perdendosi totalmente, un viaggio dentro noi stessi, un viaggio dove nessun altro è mai arrivato prima e forse mai arriverà. Un’esperienza più onirica che materiale, un’esperienza che sarà davvero nostra e di nessun altro. E ognuno ne trarrà ciò che vuole.
L’intoccabilità dell’infinito
C’è una certa inquietudine nell’universo di No Man’s Sky, generato proceduralmente grazie a leggi matematiche. È un caos organizzato del tutto simile a quello in cui viviamo. Ed è per questo che No Man’s Sky va vissuto nel senso più stretto del termine. Solitudine. Noia. Stupore. Lotta. Pazienza. Accettazione. Se non si è pronti ad accettare la solitudine dello spazio, la noia del vuoto cosmico e dell’infinito, allora non si è pronti nemmeno per la meraviglia della scoperta. Scoperta che non potrà mai essere totale. Troppi pianeti da esplorare. La causalità della vita la fa da padrona. L’universo è troppo grande per noi. Siamo solo minuscoli granellini di sabbia in un oceano che si estende oltre l’umana (e aliena) comprensione.
La bellezza di No Man’s Sky si racchiude in questa semplice complessità. Nell’accettazione dell’essere niente nel grande Nulla Cosmico. Nessuna mania di collezionabili e di perfezione illusoria. Non si può vedere tutto, non si può sapere tutto. Non si deve. La bellezza di No Man’s Sky sta nell’incertezza della vita, qualsiasi sia la sua forma. Ma questa ambizione riuscirà a mantenere questa incertezza intatta o si sgretolerà sotto il suo peso? Nemmeno io posso dirlo.
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Sto gioco mi ispira molto, ma potrebbe rivelarsi una figata quanto una delusione. Staremo a vedere.
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