Non ho mai amato le lodi sperticate, è uno dei motivi per cui il continuo osannare The Last of Us me lo ha reso un’opera antipatica, nonostante consideri sia la Parte I, sia la Parte II dei buoni titoli. Nello stesso anno in cui uscì il gioco Naughty Dog, però, ne uscì anche un altro: BioShock Infinite. Nel 2013 fu quest’ultimo la mia folgorazione. Per me, insomma, tra i due titoli non c’è storia. Proprio storia è la parola magica. Tantissimi potrebbero partorire le banalità di un The Last of Us (e lo hanno fatto). Quanti potrebbero inventarsi qualcosa come BioShock Infinite? Molti, molti meno. Considerando i generi così diversi, è chiaro che poi il giudizio sia, come sempre, soggettivo. Io non ho dubbi e onestamente, per evitare di rovinare il momento solenne, The Last of Us non volevo nemmeno nominarlo, ma ci sono cascato di nuovo. Non amo le lodi sperticate, già, ma l’eccezione conferma la regola e se c’è un gioco che a mio avviso merita tali lodi quello è Infinite. Ti amo BioShock!

BioShock Infinite: I LOVE YOU!
Dato che ho sempre considerato BioShock un gioco sopravvalutato, dieci anni fa mi approcciai a BioShock Infinite con un po’ di snobismo. Il “cortese” colpo di scena del primo capitolo non era riuscito a colpirmi poi molto e nemmeno la giocabilità, anzi, quindi non avevo aspettative verso il nuovo arrivato. Però c’è del genio in BioShock, bisogna darne merito, soprattutto dopo che Burial at Sea ne ha dato nuova vita e lo ha messo sotto una nuova luce.
Seppur curioso, la prima volta che inserii il disco di BioShock Infinite nella Xbox 360 mi aspettavo solo una cosa: delusione. Ma sapete la verità? Mi sbagliavo. Ora, dopo dieci anni trascorsi dalla sua uscita, avevo paura di riprenderlo in mano. Di quanti titoli posso dire una cosa simile? Forse solo di The Last Guardian. Era un timore scaturito dal dubbio di alcuni “e se…”. E se non è ciò che ricordo? E se, stavolta, si dimostrerà davvero una delusione? E se la magnificenza narrativa è stata erosa dal tempo? Se è solo un ricordo ormai passato? In fondo, io non sono più quello che ero nove o dieci anni fa. No, infatti…
Ve lo giuro, ho dovuto pensarci un po’ prima di decidermi a rigiocarlo, prima di decidermi a reinserire il disco nella Xbox 360. Era passato troppo dall’ultima volta e io, io non sono più quello che ero un tempo. Per fortuna, però, non tutto è destinato a cambiare. Sono bastati pochi secondi e la città volante di Columbia si è mostrata ancora potente e maestosa davanti ai miei occhi. Sono bastati pochi minuti per ritrovare una trama trascinante, una Elizabeth magnetica e un apparato ludico che è persino meglio di quanto ricordassi. Ogni cosa è esattamente dove l’avevo lasciata. Al suo posto. È vero, oggi forse c’è un aspetto dell’epilogo che potrei dire di non amare particolarmente, prediligendo altre soluzioni, ma è tutto così studiato che è impossibile lamentarsi o inventarsi qualcosa di meglio. Messa in scena, dialoghi, dettagli, complessità, c’è qualcosa di grandioso dietro l’intero e sofisticato impianto narrativo di BioShock Infinite, sorretto da un’incisiva colonna sonora nei momenti e nei tempi giusti. Nemmeno un film che amo, ugualmente geniale ma molto meno complesso, come Predestination può sperare di raggiungere tali vette. Forse nessuno può. Perché, alla fine, mentre scorrono i titoli di coda, quel pensiero torna ancora una volta, lucido e immutato come un tempo: questa è la migliore storia che io abbia mai visto, vissuto, ascoltato o letto. Una storia che no, NON è a libera interpretazione. È la migliore in assoluto? Una domanda impossibile per chiunque, senza alcun senso e che non ha la minima importanza. Ma se un film come Everything Everywhere All at Once è considerato da Oscar, come dovrebbe essere considerato un gioco come BioShock Infinite? Entrambi giocano con il multiverso, ma per quanto mi riguarda c’è un abisso qualitativo tra le due opere. Già, è proprio vero: il come fa davvero la differenza, non il cosa. Perché non definirei Infinite originale (persino quell’ultima rivelazione non può che richiamare alla mente un certo InFamous, uscito qualche anno prima), ma quello che decide di fare lo fa con una maestria, un fascino, una creatività, uno stile e una veridicità semplicemente unici e quello che in altre opere potrebbe apparire una sorta di “cliché” in Infinite si trasforma in qualcosa di decisamente più consistente.
Perché poi succede una cosa che non saprei dire quante volte mi sia capitata nella vita. Beh, sì, dieci anni fa chiaramente mi è successa, lì, in quel momento, con quella musica, quell’immagine rallentata, quel dettaglio. È bastato un singolo fottuto dettaglio: un dito, un mignolo per la precisione. E da qui capisci la grandezza di un’opera inarrivabile. Un dettaglio e… Brividi. Un cazzo di brivido e quella sensazione quasi di sconcerto che ti pervade, mentre tutto acquisisce un senso. Mi è successo di nuovo, qualche giorno fa, proprio lì, in quel momento. Certo, forse non è stato potente come la prima volta, ma chi se lo aspettava? Io no. La cosa sorprendente è che dopo poco mi è capitato ancora, a Rapture, mentre le note de La Vie en Rose risuonavano nella mia stanza sul commovente e profondo epilogo di Burial at Sea… Brividi. Stupore. Meraviglia. Poesia. Un doppio colpo quasi impossibile da piazzare, ma Irrational Games ci è riuscita, è riuscita a superare l’insuperabile. E allora ti ritrovi ad annuire con sguardo perso davanti allo schermo, mentre un misto di emozioni ti avvolge. Ce l’hai fatta BioShock Infinite. Ce l’hai fatta un’altra volta.
