A proposito de Il Narratore Pessimista
Al misterioso narratore pessimista piacciono le storie… quelle brutte. Delizia (si fa per dire) i lettori con racconti brevi ambientati nel mondo di qualche videogioco. Si convince di scrivere storie degne di riconoscimenti letterari grazie ad una cornice di drammaticità e tristezza a palate, ma in verità è solo capace di dare vita a storielle di bassa lega. Tutte le sue storie hanno una caratteristica comune: finiscono male.
ATTENZIONE: Attenti a Quei Gamer non si assume nessuna responsabilità per l’infima qualità delle storie de Il Narratore Pessimista, né per le conseguenze nate prima, durante e/o dopo la lettura di quest’ultime.
Non sento niente. Non provo niente. Assurdo. È come se la mia mente fosse chiusa in una stanza buia, senza calore, luce, vita. Intorno a me solo il vuoto. Eppure riesco ancora a percepire qualcosa. In questa oscurità qualcosa di me è rimasto, esiste ancora. È una sensazione impossibile da spiegare. Non ho il controllo del mio corpo. Oh. Il mio corpo, già. O quello che ne resta. Dovrei essere spaventato? Disgustato forse? Non è così. L’ho detto: non provo niente, se non una sensazione, un’emozione che non esiste o che non dovrebbe esistere. Qualcosa di totalmente nuovo.
Come gli altri, anche io facevo parte della squadra di ricerca. Perché parlo al passato? Perché le cose non vanno mai come previsto. La legge di Murphy è maledettamente vera! L’esperimento è andato a puttane. Strano, vero? Che pensavamo di fare? Giocare a fare Dio non è mai una buona idea. La storia ce lo insegna. E anche qualche film. Al diavolo, ormai è tardi per piangere sul latte versato. Non che me ne importi. Nella mia condizione attuale non mi interessa molto ciò che ero prima. Un semplice idiota. Ora vedo il mondo attraverso nuovi occhi. È tutto più chiaro. Il mio scopo è così semplice e perfetto. Ho solo fame. Una insaziabile fame.
Ormai sono solo istinto. Non controllo davvero le mie azioni… ma ciò che penso, quella è un’altra faccenda. Immagino che un tempo avrei trovato tutto questo disgustoso. Almeno credo, non lo so. Ora vedo solo la magnificenza di ciò che sono diventato. Un qualcosa di perfetto. L’evoluzione. Ho fame e mangerò in eterno. Perché io sono eterno. Non posso morire. Non mi possono uccidere. È l’ora della cena…
Il sangue che sgorga ammorbidisce la carne che si adagia sul mio palato. Deglutisco con fervore. A ogni morso il piacere si intensifica, tanto da costringere il mio corpo, le mie fauci a mordere con movimenti sempre più rapidi e frenetici. Non ho il controllo. E questo mi piace. Il sapore della carne va oltre il semplice cibarsi. È qualcosa di travolgente. Vita nella morte. Il senso delle cose. Non è solo una questione di gusto. È una questione di essere ciò che si è davvero. Del proprio scopo nel sistema delle cose. Gli umani non possono capire. Mi chiameranno zombie. Vedranno solo il mostro. Non mi importa. L’unica cosa che conta è che per fortuna non sono diventato uno zombie vegano!
Affondo i denti sulla preda. I nervi producono spasmi in tutto il suo corpo morente. Che piacevole sensazione. Un rumore. Chi va là? Qualcuno sta disturbando il mio pasto. Maledetto. Poco male: lo aggiungerò al piatto. Tanto non sono mai sazio. Mi giro lentamente per vedere meglio il mio prossimo spuntino. I miei movimenti sono lenti. Troppo lenti. Dannato corpo cadaverico. Questo non mi impedirà di mangiarmelo.
BANG
Ah ah ah, che cretinetto! Mi ha preso la spalla. Che male, uh uh uh. Ah ah ah.
BANG
Stavolta mi ha beccato al cuore. Non è carino. Questo qui o ha una mira di merda o non ha mai visto un film sugli zombie. Non sa che bisogna colpirci al cervello. Da uno senza cervello è lecito aspettarselo, ah ah ah!
BANG
Oh caz… SPLAT!
FINE
Insultate pure Il Narratore Pessimista per aver ridicolizzato una delle scene più iconiche dell’horror. L’incontro con il primo zombie di Resident Evil. Narratore, queste cose non si fanno!
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