Hype. Che brutta parola. Forse faremmo prima a chiamarla attesa. Attesa per un gioco, un film, un evento, un incontro o qualsiasi altra cosa. Un’attesa che i videogiocatori conoscono molto bene. Se ci pensiamo un attimo, siamo sempre in attesa di un nuovo titolo. Non facciamo in tempo a goderci un’opera che subito smaniamo, c’abbiamo hype, per la prossima. Perché, in fondo, l’attesa del piacere è essa stessa il piacere… o forse no?

Una bestia chiamata hype
Io credo di sì. Credo che l’attesa del piacere sia, almeno in parte, essa stessa il piacere. L’ho sperimentato sulla mia pelle diverse volte, anni e anni fa, quando il mio cuore e il mio animo non erano rigidi e oscuri come ora. Per esempio, mi ricordo l’attesa per giocare Prince of Persia: I Due Troni. O quella per mettere le mani sull’edizione da collezione di Assassin’s Creed II. Il giorno prima dell’uscita ero così in fibrillazione da aver fatto pure fatica ad addormentarmi. C’è un titolo in particolare, però, che ha rappresentato al meglio il concetto di hype per me: The Legend of Zelda: Twilight Princess.
Gioia e dolore del bipolarismo
Aspettando Twilight Princess sono quasi impazzito. Sono stati mesi di pura agonia, perché l’hype è un po’ questo. Un’altalena fatta di eccitazione, depressione e follia. Un mix bipolare quasi letale che solo i più forti possono sopportare fino in fondo. Ok, sto esagerando, però rimane una sfida, una sorta di prova spirituale nel suo alternarsi tra gioia e dolore. Gioia perché la mente viaggia con la fantasia, immaginandosi quello che sarà, pregustando l’attimo in cui finalmente si avrà l’oggetto del desiderio tra le mani. Ed è una bella sensazione, eccitante. Con Twilight Princess fantasticavo sui viaggi che avrei fatto per Hyrule, esplorando un mondo vastissimo alla ricerca di segreti, perdendomi nelle sue lande. Più di ogni altra cosa, era questo a galvanizzarmi, il senso di avventura.

Eppure, nonostante l’attesa del piacere possa essere essa stessa il piacere, la parte che prevale di più è il dolore. Perché a un certo punto l’attesa si fa snervante, fisicamente e mentalmente. Alla fine anche le fantasie iniziano a perdere la loro potenza e quello che rimane è il vuoto, lasciato da qualcosa che non c’è, che ancora non si può avere. Quante mattine a logorarmi, sull’autobus, per la strada verso la scuola. A pensare, a contare i giorni, a resistere. L’attesa è questo: una prova di resistenza. L’hype può essere sia la medicina, sia la malattia.
L’attesa più piacevole del piacere?
Spesso, però, è la malattia, perché poi magari ti accorgi che l’attesa è stata molto più intensa del piacere stesso. Un esempio? No, non Twilight Princess, direi invece Assassin’s Creed II. Tanta voglia, tante giornate perse a fantasticare e poi ti ritrovi con un gioco che non riesce a coinvolgerti quanto speravi, quanto ti aspettavi. Anzi, ti ritrovi con un gioco che ti annoia a più riprese. Bello, sì, ma magari non valeva neanche tutta quella pena. A quanti sarà capitato? Tanti, troppi. È in quei casi che l’hype si fa controproducente, generando aspettative alle volte smisurate e impossibilitate a trovare un riscontro reale. E te lo ritrovi nel deretano…
Ma come si cura l’hype? Con pastiglie o sciroppi? No. Imparando a controllarlo. Crescendo, infatti, l’hype mi ha abbandonato sempre più. Sarà anche perché mi sono abituato ad abbassare fisiologicamente le aspettative per qualunque cosa, forse sono semplicemente maturato (forse). Comunque, l’hype ogni tanto c’è ancora, come per Fallout 4 (probabilmente il titolo che ho atteso con più eccitazione negli ultimi anni) o, giusto perché esce domani, per Quantum Break (la voglia di giocarlo è tanta), ma è un hype più sano, più moderato ed equilibrato, non logorante, schiavizzante o malato. Ora sì che l’attesa del piacere è essa stessa il piacere.
Addio hype, insegna agli angeli come hypparsi… o forse no?
Nonostante le GIF, l’hype è una creatura a rischio estinzione. Non solo per me, credo anche per buona parte del popolo videoludico. Il motivo? Ormai si sa troppo di tutto. C’è una sovrabbondanza di informazioni (che personalmente cerco di evitare quando un gioco mi interessa) tra notizie, anteprime, provati, video, leak di questo, rumor di quello, spoiler di quest’altro (si aspettano più queste cose che il gioco stesso). Non c’è più bisogno di fantasticare, non c’è il gusto dell’attesa del gioco. C’è più il gusto per la polemica. Si aspettano giochi attesissimi solo per stroncarli o criticarli. Si giocano i giochi su YouTube (come fa il nostro Gino) ancora prima che escano solo per poterne parlare. È tutto troppo frenetico. Il punto, forse, è proprio questo: non abbiamo più tempo per hypparci, ci hyppiamo per le cose sbagliate.

Ma forse l’argomento è troppo soggettivo per essere generalizzato. L’hype, in fondo, è una cosa personale, quasi intima. A volte c’è, a volte non c’è. A volte è bello, a volte è brutto e angosciante. A volte è morto, a volte è vivo. Come un interruttore che si accende o si spegne, come una fenice che risorge dalle ceneri. E allora, in un modo o nell’altro, in una forma o in un’altra, prima o dopo, continueremo a farci i conti. E allora: l’hype è morto, viva l’hype!
Hype è un medicinale, può avere effetti collaterali anche gravi, leggere attentamente il foglietto illustrativo, non somministrare sotto i quattro anni, assumere a piccole dosi.
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io c’ho sempre hype!!11!11!! xd xde xd xd xd XD XD XD XD xd xd xd xd xd xd xd XD XD X DXDX DX D XDX