Maramao i free-to-play… che zozzeria sono. Pensate che sono un gattaccio troppo cattivo? Forse, ma nella mia testolina fatta di palle di pelo e consistente materia grigia non posso che pensare ai free-to-play come una delle cose peggiori dell’industria dei videogiochini. Perché? Perché per dindirimiao: free-to-play non fa rima con qualità!
Free-to-play? E stigatti!
Sì, sì e ancora sì, a-mici, io ce l’ho con i free-to-play. La filosofia alla loro base mi provoca conati di vomito, costringendomi a sputare palle di pelo anche solo all’udire quelle parole: free-to… no, basta, non ce la faccio. La mia è un’avversione felina, giustificata dai fatti e dalla paura che sempre più sviluppatori decidano di adottare una tale scelta. Sarebbe una grande CATzata! Già-miao, perché free-to-play è praticamente la definizione di: modo facile per realizzare giochi incompleti, brutti e senz’anima.
Che c’è di male? Molti mici se lo chiederanno. In fondo basta non giocarli, in fondo sono gratis, che si vuole di più? Sono prodotti di semplice svago. E vameo, sono d’accordo, se il fenomeno rimane circoscritto… il punto è che i titoli free-to-play un minimo meritevoli si potranno contare sulle dita di una zampa. È un modello che giustifica un lavoro malfatto, il minimo indispensabile. È quanto di più commerciale possa esserci. Il videogioco nella sua forma più bassa: faccio un gioco alla membro di cane (e non di gatto) e poi se vuoi avere altre schifezze o vuoi vincere (in quel caso pay-to-win) devi tirare fuori i baffi dal portafogli.
Giocare gratis non è la soluzione
Insommao, perché giocare gratis quando il panorama videoludico è fatto di tanti bei giochi che meritano i nostri sudati baffi? Perché accontentarsi del marciume di un modello pigro? Meo! Posso capire gli sviluppatori esordienti, desiderosi di farsi conoscere e dall’alto della mia pelosità posso comprendere le grandi aziende che vogliono farsi largo nel mercato con produzioni secondarie. Ciò detto, io, il Gatto senza Padrone, mi faccio una semplice domanda: perché giocare un free-to-play? Ha davvero senso? Forse sì, se si vogliono far passare giusto cinque minuti in caso l’alternativa fosse peggiore di vomitare palle di pelo. Il problema è che molte sfigatte di software house sembrano voler puntare sempre di più su questo infimo modello di business, capace di far incassare con il minimo sforzo.
I free-to-play sono il male, gattacci miei. Una giustificazione per crear letame a base di croccantini vomitati nascondendosi dietro alla parola gratis. Almeno fino a quando non vengono spillati soldi tramite le microtransazioni, miao! I free-to-play non devono e non possono essere il futuro dei videogiochi, al massimo un fastidioso incidente di percorso.
Assuefazione
Miao, meo e mao, diciamo le cose come stanno. I free-to-play sono giochi meccanici, semplici, che puntano ad assuefare il giocatore. Non sono affatto free, perché in realtà vogliono solo “ingabbiare” e ingannare l’utente. Non sono belli (quasi mai), non sono appassionanti, sono quasi sempre giochetti… e non posso dire nemmeno da due soldi. Sono un insulto alla vera espressione artistica del videogioco, sono uno specchio del marcio dell’industria. Per questi motivi i free-to-play mi provocano conati di vomito. Per questi motivi io dico #NOAIFREETOPLAY!
“Un mondo di free-to-play è un mondo senza libertà” – Joker, il Gatto senza Padrone
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Diciamo che sei un po’ esagerato… comunque anche per me sono lammerda!