Nota: l’articolo è stato gentilmente tradotto dalla segreteria spaziale di Attenti a Quei Gamer e potrebbe non essere al 100% fedele alla relazione dell’autore. Concetti estremamente complessi sono stati semplificati e tradotti da menti… umane. Potrebbero essere presenti errori.
Io non sopporto gli umani e non sopporto le loro abitudini, come il loro ragionare per categorie. Uomini, donne, vecchi, bambini, sfigati, nerd, fighette… (la lista è stata tagliata per motivi di spazio), gli umani devono classificare ogni cosa. Anche i videogiochi sono catalogati, tramite qualcosa che chiamano “generi”. C’è il gioco di avventura, quello di azione, lo sparatutto, l’horror, il gioco di ruolo (la lista continua indicando ogni genere e sotto-genere esistente, ma è stata tagliata per motivi editoriali). Che visione limitata e banale! Non sorprende che delle menti tanto ottuse vadano subito nel panico quando si ritrovano alle prese con qualcosa che non rispecchia pienamente i loro cataloghi. Io sono un abitante dello spazio profondo e mi interesso a tutto ciò che lo riguarda, come i videogiochi ambientati nello spazio.
Ecco, vedere persone scannarsi per decidere in quale genere rientri Dead Space è penoso e umiliante. Ma, in fondo, non è colpa loro, semplicemente il cervello umano non è abbastanza sviluppato per ragionare diversamente. Se guardo Dead Space, non vedo un horror o un survival, vedo Dead Space. Se guardo un bambino, non vedo un bambino, vedo quel bambino. Afferrato il concetto? Probabilmente no. Il mio cervello non è suddiviso in categorie e posso parlare di Dead Space senza preoccuparmi di che genere sia. Dovete sapere che la concezione stessa di genere non esiste per la mia razza. Esiste invece qualcosa che in lingua umana potrebbe tradursi come “individualità”. Per spiegarlo in termini a voi comprensibili: ogni cosa e ogni essere dell’universo fa categoria a sé. Quindi Dead Space rientra nella categoria Dead Space. Afferrato il concetto? Probabilmente no.
Probabilmente vi starete già inalberando credendo che io sia un idiota. Un alieno idiota. Solo perché non potete comprendermi. Voi umani siete stupidi. Mmm, la mia mente telepatica avverte come un fremito, sento qualcosa. Qualcuno mi sta accusando di categorizzare gli umani. Un paradosso? In realtà espongo solo i fatti: se dico che la mia razza è superiore alla vostra (e più intelligente) è perché semplicemente ogni individuo del mio pianeta è superiore (e più intelligente) di ogni individuo della Terra, non sto categorizzando. Afferrato il concetto? Probabilmente no (questo passaggio è stato semplificato dagli addetti alla traduzione; la copia originale includeva un trattato lungo circa seimila pagine sull’individualità delle cose che esponeva concetti intraducibili per la comprensione umana. Ricordate sempre che queste traduzioni sono adattamenti di documenti alieni spesso difficilmente interpretabili e alcune volte apparentemente illogici e privi di senso per gli umani).
Dead Space. Mi sono avvicinato a questo videogioco con sospetto e, devo ammetterlo, un pizzico di yotao (termine alieno per indicare uno stato simile alla paura umana). Il motivo è presto detto: credeteci o no, ma durante i miei viaggi interstellari mi è capitato di incontrare forme di vita piuttosto pericolose. Mi sono ritrovato da solo su una nave abbandonata… dall’equipaggio. I nuovi occupanti non erano esattamente amichevoli. L’Ishimura e i necromorfi mi hanno quindi riportato alla mente quella mia sgradevole esperienza. Gli esseri che ho affrontato erano decisamente più pericolosi, ma devo ammettere che Dead Space è stato un buon modo di riaffrontare la mia esperienza e superare di nuovo quelle difficoltà.
Cercherò quindi di venirvi incontro e provare a spiegarvi perché Dead Space è horror, è survival ed è sparatutto e perché le categorie non hanno senso. Sappiate che sto facendo un enorme sforzo per farmi intendere nel modo a voi più comprensibile possibile.
Allora. Dead Space è horror perché quella che voi definite “atmosfera” rientra perfettamente nella vostra categoria di “horror”: dall’ottimo uso dell’illuminazione al look dei necromorfi fino alla storia dai risvolti inquietanti e l’eccellente campionamento sonoro. Per quanto tecnologie primitive, ammetto di essere rimasto colpito dalle musiche e degli effetti audio, davvero incisivi. In quanto ad udito, le nostre specie non sono molto differenti e ho potuto apprezzare ogni singola nota, rumore, urla e momento di calma e silenzio. Una nave apparentemente abbandonata, l’oscurità dello spazio, una minaccia letale e raccapricciante, la solitudine opprimente. Sangue, violenza, un pizzico di fattore psicologico. Una lotta per la sopravvivenza. Non c’è dubbio, Dead Space è horror, tendente allo splatter, ma pur sempre horror.
Dead Space è survival perché lo scopo del protagonista è sopravvivere. Per farlo deve scappare dall’Ishimura e, intanto che c’è, magari scoprire che fine ha fatto la fidanzata. L’obiettivo finale è sopravvivere all’orrore, rimettere in funzione meccanismi o riparare guasti sono attività volte al raggiungimento di questo obiettivo. Che sia con o senza armi da fuoco non fa differenza, credetemi, io ci sono passato. Giusto verso l’epilogo l’obiettivo finale muta un po’, con Isaac, in preda alle allucinazioni di Nicole, che riporta il Marchio su Aegis VII; lui pensa comunque sia un modo di fermare una volta per tutte l’infezione. Se mi dite che anche in giochi come Uncharted e God of War l’obiettivo è sopravvivere, vi sbagliate. Forse per il giocatore lo è, ma per il protagonista è trovare un tesoro in Uncharted e uccidere Ares/Zeus in God of War. In Call of Duty l’obiettivo non è sopravvivere, ma uccidere. In Super Mario l’obiettivo non è restare vivo, ma salvare la principessa. In tutti questi giochi il rimanere in vita o l’uccidere i nemici sono le attività volte al raggiungimento dell’obiettivo finale, che non è sopravvivere. Questi sono solo esempi e per alcuni titoli la questione si fa più complessa, come Mass Effect 3 (gameplaysticamente e narrativamente non è strettamente un survival, ma in gioco c’è comunque la sopravvivenza di tutte le specie della galassia) o Fallout 3 e Fallout 4 che in un certo senso non sono solo post apocalittici, ma anche post sopravvivenza oppure The Last of Us, dove sopravvivenza e obiettivo finale si mischiano e si scambiano più volte di posto durante l’avventura.
In Dead Space, poi, le risorse non possono essere sprecate (almeno alle difficoltà maggiori). Anche per Dead Space 2 potremmo confermare quanto detto finora: la minaccia investe il protagonista e non c’è altra scelta se non combattere per restare vivi. Tuttavia, nel finale Isaac preferisce rischiare la propria vita per sconfiggerla. Dead Space 3, invece, è un caso a parte e almeno a livello narrativo perde un po’ per strada il concetto di sopravvivenza mischiando un po’ gli obiettivi (lo schianto e l’arrivo su Tau Volantis, ad esempio, fanno indubbiamente parte dell’anima di sopravvivenza del gioco). I necromorfi, poi, fanno più male e la difficoltà sopravvivenza si dimostra una bella sfida, che costringe a gestire l’inventario in modo certosino.
Dead Space è sparatutto perché si spara, si spara a volontà e si spara a tutto ciò che si muove. E allora? Pensate di essere al posto di Isaac, intendo per davvero…
Ci si spaventa? Dipende da voi, per alcuni sì, per altri no, in ogni caso si gode di un’atmosfera horror fantascientifica eccellente. Si sopravvive? Ad ogni costo, anche se questo vuol dire sparare per fare a pezzi dei nemici. Questo non li rende certo meno letali, ma anzi costringe il giocatore ad affrontare le proprie paure. Sopravvivere non vuol dire scappare o nascondersi, anzi, spesso per restare vivi è necessario combattere. Io l’ho imparato sulla mia pelle e oggi sono qui solo perché ho combattuto. Sono sopravvissuto. Dead Space è Dead Space. Afferrato il concetto?
Non riesco mai a capire se sei serio o se prendi in giro gli umani…