Alan Wake II: il sequel che stavamo aspettando

Tredici anni. Tredici anni per poter, finalmente, giocare il seguito di una delle opere più interessanti dell’era Xbox 360. Per quanto non lo metterei tra i miei titoli preferiti di sempre, Alan Wake mi conquistò grazie alla sua trama accattivante e a un comparto tecnico di prim’ordine. Nei miei ricordi resta una delle esperienze più belle fatte in quegli anni. Non posso dire lo stesso per le produzioni successive di Remedy, tra un Quantum Break piacevole ma nulla più, e un Control che invece ho faticato a digerire. Tutti, però, stavamo aspettando solo lui: Alan Wake II. È valsa la pena attendere così tanto?

Alan Wake II ci mette nei panni del tormentato scrittore e della detective Saga Anderson

Visione onirica

Alan Wake II è disponibile solo in formato digitale. Una scelta che a molti non è piaciuta, me compreso. Non sono tra i sostenitori del digitale, ma è un argomento che andrebbe affrontato in separata sede. Concentriamoci sul gioco. Alan Wake II è un’esperienza lenta. Il ritmo è calmo e diluito. Tanti sono i collezionabili e i documenti da leggere per approfondire il suo universo, come da tradizione Remedy. Si legge, si guarda e sì, si gioca anche. Forse l’equilibrio non è sempre perfetto, tuttavia l’ho trovato complessivamente ben bilanciato.

Uno degli aspetti su cui Alan Wake II punta molto è, ovviamente, la storia. Bella? Brutta? Appassionante? Difficile dare una risposta. Data la sua particolarità, dipende tantissimo dai gusti personali. Posso dire che il primo Alan Wake era forse più misterioso e affascinante; sotto certi punti di vista mi aveva appassionato di più. La trama, però, è piacevolissima da seguire e più procedevo, più le cose si sono fatte interessanti e “intrippanti”, culminando in delle battute finali davvero coinvolgenti e in un epilogo riuscito, anche se non del tutto chiarificatore… le porte per un Alan Wake III (e i DLC) sono ufficialmente aperte. Mi piace l’aspetto onirico, questo gioco di distorsione della realtà, di arte che modifica il mondo, di realtà diverse che collidono tra loro. La storia è stratificata, cerebrale e ci sono picchi (anche di gameplay) che lasciano il segno (il musical! L’hotel! La casa di riposo! Le sezioni finali!). I dialoghi non brilleranno in modo particolare, spesso li ho trovati troppo criptici per il solo gusto di esserlo, e c’è la tipica tendenza di Remedy a rendere alcuni passaggi un po’ sopra le righe per darsi un tono, ma siamo su livelli molto più godibili di Control. Se dovessi definire la storia in due parole direi: interessante e visionaria.

Si gioca di più e meglio

A livello di gameplay il passo in avanti rispetto al primo Alan Wake è evidente. Attenzione: non stiamo parlando di una giocabilità eccelsa; non che me lo aspettassi da Remedy. Però c’è molta più carne al fuoco rispetto al passato e l’impostazione abbandona un po’ la linearità per abbracciare una maggiore libertà di azione, la quale ci consente di esplorare le ambientazioni e risolvere casi secondari (relativi a collezionabili da trovare). I combattimenti sono inizialmente pochissimi (nelle prime due ore in pratica non ho sparato un colpo), ma si fanno più presenti man mano che si procede e, pur non regalando emozioni particolari, fanno il loro lavoro. Il problema principale restano le varianti nemiche, praticamente inesistenti: eccetto per le boss-fight, si affronta sempre la stessa minaccia dall’inizio alla fine.

Spesso avremo modo di vedere gli attori reali in azione: Alan Wake II in live action!

C’è anche tutto un sistema che ci consente di analizzare i casi nei panni di Saga. Non è così profondo comunque, resta abbastanza guidato: è più un modo per tenere sotto controllo il dipanarsi dell’intreccio. Nei panni di Alan, invece, c’è la possibilità di modificare alcune zone degli scenari: un’idea molto carina che però non esplode mai veramente in picchi di genio, ma restituisce lo stesso una certa soddisfazione. A un certo punto, poi, è possibile passare a piacimento tra i due personaggi.

Il gameplay intrattiene quanto basta, anche se a mio avviso Alan Wake II si trasforma a volte in un simulatore di camminata. Questa è la sensazione che mi ha inizialmente lasciato, ma non è una cosa del tutto negativa. Perché proseguendo sono entrato maggiormente nelle meccaniche della giocabilità, trovandole assolutamente valide. Il titolo spinge quasi sempre il giocatore ad azionare il cervello, che si tratti di un enigma per avanzare, di studiare la mappa e l’ambientazione per capire dove andare, di sbloccare una serratura con un codice, di ragionare sulla storia e così via. Certo, c’è una ripetitività di fondo, accresciuta dalla durata sopra le media, ma Alan Wake II resta decisamente godibile dall’inizio alla fine. Anzi: migliora andando avanti, risucchiandoti sempre di più nel suo vortice fatto di sogno e realtà.

Ma… fa paura?

No. Per niente. Onestamente, non sono mai riuscito a considerare Alan Wake un vero, proprio e puro horror, nonostante alla base ci sia l’idea di una storia dell’orrore. Il motivo è che la tensione e l’ansia sono a livelli minimi, anche in questo sequel. Certo, se dovessimo per forza scegliere un genere in cui incasellarlo, l’horror sarebbe probabilmente il più corretto. Comunque sia, ci sono alcuni jumpscare, ma ho trovato l’esperienza piuttosto rilassante e piacevole, quasi confortante nella sua oscurità. È un giudizio personale (lo sappiamo che la paura è soggettiva), tuttavia i nemici non spaventano, non inquietano, non disturbano. L’atmosfera, però, è ottima e ci sono alcune sezioni di egregia fattura. Potremmo dire che più che dalle parti di un Dead Space, Alan Wake II si avvicina e supera le migliori parti orrorifiche di un The Last of Us. Solo che nei titoli Naughty Dog si tratta di poche fasi, in Alan Wake II questo genere di atmosfera è presente per quasi tutto il giocato. Insomma: paura no, atmosfera sì.

Atmosfera

Solo su “new gen”

L’impatto visivo è più che buono, ma non eccellente. Ho giocato sia in modalità prestazione, sia in qualità e ognuna ha i suoi piccoli difetti. In definitiva, Alan Wake II propone una grafica al passo coi tempi, anche se permangono delle sbavature, come la gestione di certe ombre, elementi dello scenario non sempre caricati a dovere, riflessi negli specchi non pervenuti, animazioni non eccelse, una fisica non sempre al top e, in modalità qualità, un frame-rate alle volte instabile. Nel complesso, però, il colpo d’occhio è decisamente convincente. I personaggi sono realizzati molto bene, ma sanno ancora un po’ di vecchia gen, mentre le location sono il vero fiore all’occhiello dell’opera: pullulano di dettagli che le rendono vive e credibili; è un piacere esplorarle, hanno una grande personalità. Ottima l’illuminazione e buono il comparto audio. Buonissima la longevità: ho impiegato circa ventiquattro ore per raggiungere i titoli di coda e ottenere l’85% dei trofei.

Doppiaggio in italiano: il caso

Discorso a parte per la mancanza del doppiaggio in italiano. Io sono sempre stato a favore del doppiaggio. Tutti dovremmo esserlo, perché avere il supporto audio nella nostra lingua non toglie nulla a coloro che vogliono godersi il titolo in originale, ma aggiunge tanto, tantissimo per tutti gli altri (che probabilmente sono pure la maggioranza). Assaporare un’esperienza narrativa di questo tipo nel proprio linguaggio aumenta il coinvolgimento. Ancora di più quando i sottotitoli presentano diversi problemi di sincronizzazione: in Alan Wake II alcuni passano talmente velocemente (o fuori sincrono) che è impossibile leggerli. Nota: sembra che tali problematiche siano state risolte con una patch.

È un vero peccato che Alan Wake II non abbia il doppiaggio in italiano (il primo lo aveva) e non sono così convinto di quanto affermato da taluni: “Comprate i giochi senza doppiaggio così doppieranno i titoli futuri“. Sarà davvero così? Potrebbe essere, ma magari anche no. E se il ragionamento degli sviluppatori fosse semplicemente: “Comprano anche giochi non doppiati, quindi perché dovremmo doppiarli? Tanto vendiamo comunque e così non rischiamo nulla“. Non so se c’è una verità, probabilmente dipende da azienda ad azienda, da caso a caso. A me sembra un po’ il classico gatto che si morde la coda. Personalmente, l’assenza di un doppiaggio è un punto decisamente negativo (che alle volte può anche farmi propendere per un non-acquisto), tuttavia per opere a mio parere meritevoli di fiducia come Alan Wake II l’unico gesto sensato è l’acquisto. Discorso diverso se un gioco non presenta nemmeno i sottotitoli in italiano: in quel caso può essere il capolavoro dei capolavori, ma resta dov’è.

I combattimenti non sono particolarmente innovativi, ma intrattengono in modo sufficiente

Alan Wake è tornato!

Anche se da un certo punto di vista la vera protagonista del gioco è Saga Anderson, finalmente possiamo dirlo: Alan Wake è tornato! Non so se sia il caso di sbilanciarsi così presto, ma Alan Wake II è probabilmente il miglior titolo Remedy che ho giocato. Sorvolando sul primo Max Payne, che ho recuperato fuori tempo massimo, ho sempre considerato Alan Wake il mio titolo preferito dello studio (e forse, FORSE, a livello narrativo lo è ancora). Questo perché Quantum Break fu una mezza delusione e Control mi lasciò quasi del tutto indifferente. Alan Wake II è un gioco decisamente più strutturato del primo capitolo, con un gameplay più vario e interessante: è solido e funziona. L’atmosfera è notevole e la storia gradevolissima: ci sono alcune fasi narrative che ho amato! Rimane un titolo Remedy, un po’ folle e a volte fuori dagli schemi, con tutti i pro e i contro del caso. La passione infusa nella realizzazione, però, è evidente. Se vi piace lo stile della software house, sicuramente avrete di che gioire, in caso contrario Alan Wake II non vi farà cambiare idea. Il mio parere? Promosso a pieni voti! Alan Wake II è un incubo da vivere pad alla mano, un’esperienza onirica da cui lasciarsi trasportare, una corrente visionaria in cui abbandonarsi e… annegare. Ora, però, non fateci aspettare altri tredici anni per il seguito!

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